La Memoria nei Volti

Due Fotografie di Fadi A. Thabet

In un tempo in cui le immagini scorrono rapide e spesso superficiali, le fotografie di Fadi A. Thabet si fermano. Fermano il tempo, lo trattengono tra le rughe, i gesti, i silenzi. Due ritratti femminili, che a prima vista sembrano semplici testimonianze visive, sono in realtà pagine vive di una storia non scritta: quella della Palestina raccontata dai suoi corpi, dai suoi occhi, dalla sua resistenza quotidiana.

Nel primo scatto, una donna anziana guarda l’obiettivo con una compostezza che disarma. Non è uno sguardo che implora, né che denuncia apertamente. È uno sguardo che racconta senza parlare. La pelle segnata dal tempo, il velo scolorito che avvolge il capo, la luce che si rifrange negli occhi: tutto in questa immagine è linguaggio. È la storia di chi ha visto partire e non tornare, di chi ha raccolto l’oliva e la memoria, di chi ha imparato il silenzio per sopravvivere ma non ha mai dimenticato.

Questa donna potrebbe essere una madre di Gaza, una nonna di Haifa, una rifugiata a Rafah. Ma nella fotografia non c’è bisogno di sapere il suo nome: la sua identità è collettiva, è la Palestina stessa.

Nel secondo scatto, non vediamo il volto. Vediamo mani. Mani scure, forti, adornate di anelli e bracciali in argento, intrecciate attorno a un bastone. E quel bastone diventa un simbolo: di appoggio, di radicamento, di cammino. Le maniche ricamate con motivi tradizionali rivelano una cultura che persiste, che resiste. È il tatreez, il ricamo palestinese, che le donne tramandano da generazioni come forma d’identità e narrazione.

Queste mani parlano quanto un libro. Raccontano della terra lavorata, dei figli cresciuti tra esilio e amore, delle porte chiuse e dei ritorni sognati. È un ritratto di dignità, in cui il corpo stesso diventa archivio vivente.

📷: © Fadi A. Thabet

Oltre la fotografia: arte come resistenza

Le immagini di Fadi A. Thabet non sono solo documenti: sono atti politici e spirituali. In un mondo che tende a ridurre la Palestina a una questione geopolitica, queste foto restituiscono umanità. E fanno di più: mostrano la Palestina non come una tragedia, ma come una presenza. Una terra che vive nei volti, nei tessuti, nei dettagli quotidiani.

In queste due donne si riflettono le madri della Nakba, le contadine delle colline di Hebron, le combattenti invisibili dei campi profughi. Esse sono storia, terra, memoria. Sono arte che non ha bisogno di musei per essere eterna.

Guardare queste fotografie è un atto di ascolto. Un invito a fermarsi. A ricordare che dietro ogni notizia, ogni cifra, ogni slogan, ci sono volti e mani che hanno un nome, una casa perduta, un sogno che non cede.E mentre il mondo prova a dimenticare, Fadi Thabet scatta. E nel suo scatto, la Palestina continua a parlare.“La fotografia è memoria impressa nella luce. In Palestina, è anche resistenza.”

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